martedì 8 novembre 2011

A G O S T I N O




Agostino è un altro dei miei clienti preferiti, nella classifica occupa il terzo posto dopo Charlie Champagne, ma questa è un'altra storia.
Agostino entra in libreria ed inizia a parlare, prima che tu ti renda conto che sta per finire un discorso ne ha già iniziato un altro, che si è sovrapposto e mescolato alla fine del primo.
Il fatto è che quando inizia a parlare non smette. MAI PIU'.
La tecnica migliore per non fargli iniziare un nuovo discorso è trattenere il fiato, restare immobili e non dire assolutamente, categoricamente, NIENTE.
E' la tecnica migliore, sì. Ma non gli impedisce di esporre come minimo altri cinque o sei argomenti, perchè dovrai pur guardarlo in faccia per educazione e per lui questo è già sintomo di attenzione e di incredibile interesse.
Prima di uscire definitivamente dal negozio si gira, arriva a metà tra la cassa e la porta, inizia a parlare di nuovo, poi si gira arriva alla porta, inizia a parlare di nuovo e torna alla cassa, questo per tre volte almeno. Poi raggiunge la porta, finalmente, e parla ancora. Poi esce. A volte ritorna.
Agostino parla in maniera quasi del tutto incomprensibile: nelle sue frasi manca il tempo, manca il luogo e manca il soggetto. A volte c'è solo uno dei tre. E' sempre arrabbiato con le istituzioni, pensa di essere perseguitato dalla polizia, pensa che ogni occasione di confronto con qualche membro delle forze dell'ordine per lui rappresenti un rischio, perché sa troppe cose. Dai suoi discorsi sconclusionati si può capire che è spesso in giro con i suoi cugini, che fa benzina in corso Matteotti, che viene fermato in corso Matteotti, che viene sgridato per lo stato di conservazione della sua carta d'identità (sì, sempre in corso Matteotti), che ha parlato con quello lì, amico di quella lì che gli ha detto quella cosa lì. Tira fuori un elenco improbabile di nomi di persone e ti chiede se li conosci. E nel frattempo continua a parlare di corso Matteotti e, ah sì, di piazza Castello e di quella manifestazione là.
L'altro giorno mi ha mostrato la sua carta d'identità: l'ha tirata fuori da un portafoglio in pelle usurato degli anni '20 ed aveva l'aspetto di una carta d'identità usurata degli anni '20.
La plastica che l'avvolgeva inutilmente era gialla.
E la foto, la foto!
Agostino, quello che entra in libreria, è un uomo basso, ha un viso sorridente e le guance rosse. Ha la barba lunga e brizzolata e una lucida pelata.
Agostino, quello della foto, ha i capelli folti e nerissimi, ha una spessa striscia di baffi dello stesso colore e dimostra più o meno una ventina di anni in meno. Un'altra persona.
Restituendo quel foglietto stropicciato e logoro mi sono chiesta cosa potesse esserci stato nel tempo passato dalla fotografia ad oggi.
E la data del documento era 2005.
L'ho preso in giro perché non si capiva quando accadevano le cose di cui parlava e gli ho chiesto di raccontarmi cosa aveva fatto il giorno prima.
Mi ha detto che era a Paratissima ed aveva un buffo cappello.
Un buffo cappello da lui descritto con un "Sai quel cappello là" ed un movimento ampio delle mani ai lati delle orecchie.
Una coppia di ragazzi ridendo ha tentato di fotografare lui ed il suo buffo cappello, offendendolo a morte.
Me lo ha raccontato lui.
Ha detto che era un reato gravissimo.
Gli ho detto che volevo vedere il buffo cappello.

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